Verso Orupembe: la strada è bella e divertente, prima un
passo montano stretto e tortuoso, poi una lunga pista in quota in mezzo ad
una vallata desertica ampia a perdita d'occhio.
Stefano. |
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Zava.
Una panza nella savana.
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Avrete notato che, specialmente negli ambienbti
più trendy, a Milano si sente sempre più spesso dire "troviamoci
all'Orupembe" o "vediamoci per un Orupembe".
(Non l'avete mai sentito dire? Allora mi sa che gli ambienti che
frequentate sono uin po' out, cheap, demodè.)
Qui vi spiego l'origine di questa moda, che ormai ha offuscato il
brunch e l'happy hour. |
Alla fine del deserto, lo sciccoso resort di Orupembe (in
lingua locale "piccolo posto nel deserto"). La mappa lo riporta
come un grosso centro, ma di fatto è costituito solo dall'Orupembe Shop
N1, di 2x2 metri, dotato di frigo a gas e raggiunto da una media di due
clienti al mese. |
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Sarà per l'atmosfera spumeggiante (qui Umberto) o perché
serve solo la mitica bibita sudafricana "Sparletta" (una specie
di Fanta ma molto più dolce, color evidenziatore giallo e molto adatta al
lavaggio dei pavimenti, se qui ci fossero pavimenti), fatto sta che ci è
venuta l'idea di aprire una catena di "Orupembe shop", uno ogni
chilometro fino alla location principale che sarà Orupembe Shop N.14.239
a Milano, il nuovo locale cult.
Vi si potranno trovare anche costose zecche in carbonio, ma cosa sono non ve
lo posso anticipare. |
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Verso la foresta pietrificata, dove arriveremo alle 8 di
sera, col buio, praticamente senza fari e sopratutto...per sbaglio!
Dovevamo invece andare a Twyfelfontein, dove sono andati i mezzi e dove si
sarebbe fatto campo! 60Km da rifare all'indietro...
Luca (Sorridente: ancora non sapevamo di aver sbagliato strada...) |
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Stefano. |
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Zava. |
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Damiano. |
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Spiantata la visita alla Petrified Forest
(nessuno ha cuore l'indomani di rifare i 60Km fatti per sbaglio ieri
notte) si va a vedere i graffiti di Twyfelfontein (la fonte inaffidabile),
"vecchi di 2-6000 anni" (la precisione non è di queste parti).
Oltre 2000 petroglifi e qualche pittura. |
Famoso il "dancing kudu" (ma noi abbiamo
fotografato questo che di danzare proprio non si sognava. Uno Zava-Kudu,
probabilmente). |
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C'era anche un leone "didattico", che
serviva (secondo me) per spiegare ai bambini di allora come era fatto il
leone (possibilmente prima che ne incontrassero uno vero che terminasse la
loro formazione culturale) e che impronta lasciava.
Salvo che gli facevano 5 dita invece di 4, perché secondo la loro
credenza era lo sciamano ad incarnarsi nel leone ucciso e gli sciamani
(come gli umani) hanno 5 dita, mentre i leoni ne mettono a terra solo 4.
Ma probabilmente un bambino mesozoico che si trovava di fronte un leone
mesozoico queste sottigliezze non stava a sottolinearle.
"A Cuccia, vecchio gattaccio spelacchiato! Vedo bene dalla falange in
eccesso che imprimi al suolo che tu non sei un vero leone, bensì il
nostro anziano sciamano incarnatosi per fare il solito scherzo che fa da
40 anni."
Ma l'astuto leone...
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Famosissimo, 'sto leone, tanto che è stato adottato come
logo di Twyfelfontein. Naturalmente ci manca la foto.
però ho questi omini...
Raffigurano (sempre secondo me) l'anziano sciamano (al centro) che
racconta la storia del leone (sempre quella da 40 anni) mentre il
cacciatore sulla sinistra incocca la sua freccia avvelenata per
terminarlo.
"Ooops....mi era sembrato un leone..."
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Formazione rocciosa a Twyfelfontein. |
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Cià, eccolo qua il leone, rubato a itinerariafricani.net
Sulla punta della coda, l'impronta dello sciamano.
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Brandberg: massiccio montuoso in mezzo al deserto piatto,
spartiacque con le nebbie della costa. In mezzo al nulla, il giardino Zen roccioso spinoso
e un po' tedesco del
lodge.
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